Pubblicato il
29-06-2023

Veronica

Veronica

(Sandro Ciotti, Dario Fo, Enzo Jannacci) – Enzo Jannacci, 1964

Jannacci a Milano suonava in una latteria, la latteria Shanghai. Io lo ascoltai e ne fui talmente impressionato che gli proposi di venire a esibirsi alle Grotte del Piccione, il locale più alla moda di Roma, di proprietà del mio amico Piero Gabrielli, un ex campione di rugby con un grande fiuto da manager (in seguito avrebbe organizzato le mostre di via Margutta). Alle Grotte del Piccione suonavano usualmente Fred Buscaglione e Marino Barreto, erano passati anche i Campioni, e Jannacci ebbe un certo successo. Così prese a pendolare tra Milano e Roma, in pratica senza dormire mai perché doveva preparare anche gli esami di medicina. Grazie a quelle esibizioni imparò a stare in pedana, a non nascondersi dietro il contrabbasso o il pianoforte come faceva prima, a farsi vedere dal pubblico, a iniziare cioè quella carriera di cantautore che io cercai di stroncare sul nascere scrivendo per lui Veronica.

L’idea ci venne una sera entrando alla Bussola. C’era una madre che si era persa la figlia e andava avanti e indietro, tenendo in mano il suo giacchino, chiamando «Veronica! Veronica! Dov’é Veronica?». Allora dissi: «Veronica, amavi sol la musica sinfonica», e da lì nacque la canzone, una canzone da ubriachi, come la definì Dario Fo, con il quale scrivemmo questi versi strampalati, basati su parole sdrucciole, e raccontammo la storia, per allora scandalosa, di una prostituta di quartiere. Naturalmente la RAI si guardò bene dal trasmetterla, ma nonostante questo Veronica fu tra i dischi di Jannacci di maggiore impatto. La canzone fu poi ripresa da altri interpreti e Lino Patruno ne fece una versione in siciliano.

Estratto da: Ciotti, Sandro, Quarant’anni di parole, Milano, Rizzoli, 1997, pp. 35-37