Pubblicato il
29-06-2023

Una vita da mediano

"La canzone è nata proprio pensando a me sul campo di calcio, perchè, a parte gli esordi che dicevo, ho sempre occupato quella posizione, appena sopra la difesa, a cercare di arginare gli attacchi prima della barriera finale."
Una vita da mediano

(Luciano Ligabue) – Luciano Ligabue -1999
Senti, c’è questo brano che mi hai fatto sentire l’altro giorno che mi ha colpito, Una vita da mediano. Sarebbe un gran bel titolo per il libro. Però: quanto ti rappresenta, quanto è tuo veramente?

È molto mio, davvero. Perché al di là della metafora calcistica tocca un punto importante per me che è la fatica di vivere, nel senso che la vita è un piacere ma anche qualcosa che un po’ ci si deve guadagnare. Io credo che la gente consapevole difficilmente pensa di essere benedetta da genio o talento e che, se vuole produrre qualcosa, deve farlo con il lavoro, con la fatica. Io sono così. Non sono nato con il numero 10 sulle spalle, non sono nato Platini: ho sempre dovuto giocare in quelle zone lì del campo, da mediano, e mi è andata ancora bene, perché in origine ero partito come terzino marcatore. Questo non vuol dire avere un ruolo minore, anzi, vuol dire avere una posizione e un compito molto precisi; un ruolo di qualità, di responsabilità, e anche un po’ nell’ombra.

La canzone è nata proprio pensando a me sul campo di calcio, perchè, a parte gli esordi che dicevo, ho sempre occupato quella posizione, appena sopra la difesa, a cercare di arginare gli attacchi prima della barriera finale.

Sei un rubapalloni…

Sono un rubapalloni, ma sono anche uno che cerca di tenere stretta la geometria, che richiama la squadra alla sua posizione e alle sue responsabilità. Sono come sono nella vita. E credimi, nessuno è mai portiere casualmente, o terzino casualmente, o centravanti casualmente.

Tu hai avuto qualche grande mediano che ti ha fatto innamorare calcisticamente?

No, un idolo mediano no. Non so nemmeno se sia possibile. Io credo che uno arrivi a giocare mediano più per destino che per scelta, come in qualche orchestra si finisce per suonare certi strumenti non di prima fila. Questo non toglie che la gente possa amare di grande passione un mediano. Non so. Supponiamo che si possa dire che Simeone sia un mediano: oggi é praticamente impossibile chiamare ancora con i vecchi nomi i nuovi ruoli, con quelle linee di centrocampo che si spostano avanti e indietro. Però, supponiamo che Simeone sia un mediano. Be’, la gente lo ama, per la sua determinazione, per quello che ci mette dentro, per il fatto che ogni tanto si fa male per la squadra. Mi sembra poi che quel tipo di giocatori abbiano una dote speciale, cioè quell’anima in più, quel “sentimento di appartenenza” che alla fine conquista i tifosi. Però poi quando il tifoso va a comperare la maglietta, non compera il 14 di Simeone, compera il 9 di Ronaldo.

Però nel testo tu citi il Lele, citi Oriali. È lui in qualche maniera il tuo modello?

Io cito Oriali perché parlando di queste cose ripenso a un’immagine commovente di parecchi anni fa. Io non sono mai stato un suo fan specifico, dico quando giocava nell’Inter. Ma c’è questa immagine della finale del Campionato del Mondo contro la Germania che mi emoziona. Oriali venne letteralmente massacrato di botte, si sacrificò fino al dolore fisico per tenere palla, per guadagnare tempo. Fece una partita di nervi, di tensione. E credo che se uno avesse dovuto dargli un voto strettamente tecnico, non sarebbe stato un voto molto alto. Però, se nel conto ci metti la generosità, la presenza, il tempo passato a prendere calcioni da Stielike, be’, ebbe una funzione fondamentale. Ecco, l’Oriali della canzone è questo qui: uno che ci mette tutto quello che ha e anche di più, che si spinge oltre i propri limiti».

Estratto da: Bertoncelli, Riccardo, Una vita da mediano. Ligabue si racconta, Firenze, Giunti, 1999, pp. 11-12