Pubblicato il
28-06-2023

Tua

Tua

(Bruno Pallesi-Gualtiero Malgoni) – Jula De Palma – 1959

Una mattina del gennaio 1959, mentre cominciavo a imparare, con Carlo al pianoforte, le due canzoni che mi erano state assegnate per il Festival di Sanremo, è squillato il telefono: «Buongiorno signora», ha detto una voce d’uomo. «Sono l’avvocato Cajafa, il direttore del Casinò di Sanremo e organizzatore del Festival 1959». «Buongiorno, avvocato. Piacere di conoscerla per telefono, in attesa di incontrarci al Festival», ho risposto io. «Avete deciso qualcosa a proposito dei vestiti?». Infatti, quell’anno, c’era stata l’innovazione di far fare i vestiti di tutte le cantanti dalla casa di moda Lainati di Milano, come se si trattasse di costumi: ognuna di noi li avrebbe scelti, indossati per le relative canzoni e restituiti a fine Festival. Dato che tutti noi cantanti venivamo pagati cifre irrisorie e dovevamo essere a disposizione prima a Milano e poi a Sanremo per parecchi giorni, con notevoli spese di viaggio e permanenza, poter evitare di spendere grosse cifre per i vestiti ci faceva comodo. Non so quasi niente del Festival di oggi, ma penso che le case discografiche, giustamente, si occupino delle spese dei rispettivi cantanti. Io allora ero proprio in attesa di sapere quando e come si sarebbero fatte le prove vestiario, ma ero sorpresa che mi chiamasse, per parlare di questo, il direttore, da Milano.
Infatti: «No, no, non so niente ancora dei vestiti. Probabilmente daremo le informazioni alle case discografiche che poi le smisteranno ai loro cantanti. Io la sto chiamando, oggi, perché vorrei che lei portasse a Sanremo una canzone che mi sembra particolarmente adatta a lei…».
«Scusi se la interrompo, avvocato, ma io ho già avuto dalla Voce del Padrone le due canzoni che sono Per tutta la vita e La vita mi ha dato solo te. Stanno già preparando gli arrangiamenti e vado a inciderle, insieme ad altre, fra tre giorni, a Milano».
«Si, lo so. Ma questa sarebbe in più. C’è molta richiesta per questa canzone. La Cetra vorrebbe averla perché la Pizzi la vuole. Ma io, vede, io ho sentito lei cantare alcune canzoni d’amore francesi – Les amants d’un jour, Domino, Mon homme – e penso che nessuna cantante saprebbe rendere questa canzone come lei».
Mentre lui parlava, io passavo da una reazione all’altra. Intanto mi faceva grande effetto sentirgli nominare le mie amate canzoni francesi con tanto entusiasmo e precisione; poi ero sbalordita che questo signore, che non avevo mai conosciuto di persona, del quale si parlava, in genere, con timore e che si diceva che non avesse mai avuto a che fare personalmente con i cantanti, mi chiamasse per dirmi tante cose gentili. Inoltre, ero curiosissima di sapere come e quando avrei potuto ascoltare questa canzone che lui tanto prediligeva.
«Io la ringrazio molto delle sue parole e di… conoscere il mio repertorio così a fondo. Ma, sinceramente, pur dando molto peso alla sua opinione, non mi sento di accettare la canzone senza ascoltarla. E poi, come devo regolarmi con la casa discografica?».
«Alla Voce del Padrone parlerò io. Non potranno che essere ben felici che lei presenti tre canzoni invece di due. Per sentire la canzone – e approvo vivamente quanto dice in proposito – io posso mandarle la parte di piano con un corriere. La riceverà forse entro oggi o al massimo domattina. Dovrebbe poi comunicarmi la sua decisione al più presto, perché il tempo stringe. D’accordo?».
Gli ho detto che ero d’accordo, ci siamo salutati cordialmente e io quasi non riuscivo a metter giù la cornetta del telefono, per correre a dire tutto a Carlo. Anche lui è rimasto sbalordito da questa cosa che mi stava succedendo e, soprattutto, era curioso di sentire la canzone. Bisognava per forza aspettare che arrivasse con il corriere la parte di piano manoscritta, dato che le canzoni partecipanti al Festival, non potendo essere pubblicate in precedenza, non si trovavano e anche i dischi sarebbero usciti nei negozi soltanto a fine Festival. La sera stessa alle dieci, il portiere del nostro palazzo è salito a portarci una busta sigillata, con scritto “Urgente-Personale”, che il corriere aveva appena consegnato. Dentro c’era il manoscritto della canzone, con in testa il titolo e gli autori: Tua di Pallesi-Malgoni.
Siamo andati a letto molto tardi quella sera, Carlo e io. Adesso, ogni volta che c’era una canzone nuova da imparare, avevo la gioia di avere lui che mi faceva ascoltare bene la musica, con calma, mentre io leggevo le parole, tutto era, non solo più semplice, ma più bello. Mi veniva subito voglia di cantare e, pur sapendo che la canzone avrebbe dovuto “maturare” dentro di me prima di studiarla, mi sembrava di saperla già.
Tua mi è piaciuta subito. Ho sentito che si prestava a essere interpretata, parola per parola, per quel che diceva. Dopo la breve strofa: «Ho creduto di sognare, invece no, son proprio tua…», avrei voluto cantare le prime otto battute del ritornello a voce sola. Ma provandola, con Carlo che suonava solo le note basse con la mano sinistra, ci siamo resi conto che quella era proprio l’atmosfera che volevo io. Questa idea della voce sola con accompagnamento di contrabbasso è stata poi utilizzata in ambedue gli arrangiamenti, al Festival e sul disco. Jula avrebbe voluto telefonare all’avvocato Cajafa subito, anche se era mezzanotte, ma l’alter ego, la saggia Jolanda, e Carlo le hanno fatto capire che era necessario aspettare che fosse orario d’ufficio, la mattina dopo!
«Avvocato», ho cominciato subito l’indomani al telefono, senza neanche dirgli buongiorno. «La canzone mi piace molto. È proprio una bella, semplice e sincera canzone d’amore. Non so come ringraziarla per aver voluto darla a me».
«Ne sono proprio felice, cara signora. Non vedo l’ora di sentirgliela cantare! Adesso bisogna subito avvertire La Voce del Padrone perché facciano fare al più presto l’arrangiamento per il disco».
«Non si preoccupi, questo posso farlo io. Luttazzi purtroppo è fuori città, ma telefono subito a Milano per dare a Pino Calvi la tonalità, in modo da poter incidere Tua con le altre canzoni dopodomani e darò io stessa, qui a Roma, copia del manoscritto e tonalità a Gianni Ferrio per l’arrangiamento del Festival».
«Benissimo. Allora, ci vediamo a Sanremo».
«Senz’altro e grazie ancora».
A Milano l’incisione dei dischi è andata abbastanza bene. Oltre alle mie tre, ho inciso altre sette canzoni del Festival, dieci in tutto. Sarebbero usciti un 33 giri Long Playing con le dieci canzoni, due 45 giri Extended Playing e vari 45 giri e 78 giri regolari. Un mucchio di dischi! Io mi auguravo che sarebbero stati ben pubblicizzati, cosa che di solito non accadeva. Ero piena di speranza anche se l’arrangiamento di Tua non era eccezionale. Non so più se fosse di Pino Calvi, che è sempre stato un ottimo musicista o se, data la quantità di lavoro da completare in cosi breve tempo, lui avesse incaricato qualcun altro. La batteria teneva un ritmo che era più da swing che da canzone melodica e l’incisione stessa non metteva molto in risalto la mia voce. Quando l’ho ascoltata, insieme al tecnico, in regia, subito dopo averla incisa, mi era sembrata discreta ma non ero del tutto d’accordo con i presenti per accettarla come buona. Ma “È disco», hanno detto e, con la fretta che c’era non l’ho potuta rifare. Oltretutto, quando ho sentito il disco stampato, così come andava nei negozi, la mia voce era proprio coperta dalla batteria e l’insieme non mi piaceva affatto. Ma non c’era più niente da fare e quindi è andata così. Quando poi, alle prove a Sanremo, ho cantato sull’arrangiamento di Gianni Ferrio, be’, era tutt’altra cosa!»
Estratto da: De Palma, Jula, Tua per sempre. Autobiografia della signora del jazz italiano. Roma, Coniglio Editore, 2009, pp. 172-175
Nota: Il Carlo a cui fa riferimento nel suo racconto Jula (Jolanda) De Palma è suo marito (nonché spesso suo pianista personale) Carlo Lanzi