Pubblicato il
29-06-2023

Theorius Campus

Theorius Campus

Francesco De Gregori, Antonello Venditti, 1972

Antonello Venditti: «Devo dire che fu un azzardo, non da parte nostra, ma da parte di Micocci e di Lilli Greco che produsse quel disco e che sapeva come ammaliare la discografia. Io avevo un pezzo come Roma capoccia, che, alla fine, feci ascoltare e tutti si resero conto che era una bella canzone, rivoluzionaria nei termini giusti, quindi appetibile da un certo tipo di mercato.

Grazie a Roma capoccia noi abbiamo fatto tutto l’album. E si tratta di un’opera già molto all’avanguardia, perché innanzitutto non hanno suonato musicisti italiani, e questo a causa della difficoltà a reperire strumentisti che potessero accompagnarci e adattarsi al nostro modo particolare di suonare. Se fosse stato per me e Francesco il disco sarebbe stato inciso solo con pianoforte e chitarra, e invece lì fu fatto un esperimento rivelatosi giusto, per cui furono presi i Godfather, che era un gruppo composto da Derek Wilson, Mick Brill, Dougie Meakin e Dave Sumner e dalla unione tra questi musicisti e noi nacque il disco. Ricordo che la prima incisione era molto più ricca di quella che poi è stata pubblicata, in quanto io e De Gregori avevamo il vizio del minimalismo e ad un certo punto abbiamo cominciato a togliere strumenti. Se l’avessimo inciso oggi, avremmo salvato tutto perché c’erano invenzioni musicali molto belle. E fu tentato un suono molto particolare, un po’ alla Phil Spector, in quanto noi con poche piste siamo riusciti, insieme a Lilli Greco, a creare quel suono, ed era difficile, molto difficile. L’aspetto più complesso consisteva nel realizzare, con i pochi mezzi che avevamo a disposizione, l’effetto desiderato.

Credo che noi fummo tra i primi ad usare il minimoog, come su La casa del pazzo, per fare alcuni fraseggi. In quel disco suonò anche Maurizio Giammarco, uno del mio gruppo, che portai io. Dopo Theorius Campus mi dedicai alla produzione di due dischi: uno dei Blue Morning e quello di Giorgio Lo Cascio da solo, il suo primo album. Questo avvenne perché non c’erano punti di riferimento e dovevamo essere per forza noi stessi produttori dei nostri suoni. La trovo ancora una cosa interessante: io produttore a quei tempi…».

Estratto da: Bosso, Antonello, Continuerò a cantare le cose della vita. Intervista ad Antonello Venditti, in: «Musikbox», nuova serie, n.1, Gennaio-Febbraio 2001, pp.20-21