Pubblicato il
28-06-2023

Tanta voglia di lei

Ma che fatica dare un testo a Tanta voglia di lei. Valerio ne aveva scritto uno che si intitolava Meno male. La casa discografica fece una controproposta, La mia croce è lei.
Tanta voglia di lei

(Roby Facchinetti-Valerio Negrini) – Pooh – 1971

Conoscemmo Giancarlo Lucariello, un altro personaggio nel bene e nel male destinato a influenzare la nostra storia e a modificarne il percorso. Roby era a casa quando ricevette una telefonata: “Pronto, sono Giancarlo Lucariello, un produttore della CGD. Sarei interessato a creare un repertorio di artisti italiani, i primi siete voi, vi ho sentito al Voom Voom di Roma”. Il giorno dopo Roby e Riccardo erano nel suo ufficio. Disse loro che voleva fare subito un disco coi Pooh. Noi eravamo lusingati (e gasatissimi), ma avevamo il contratto con la Vedette ancora per un anno e mezzo. Così il direttore artistico clella CBS, Franco Crepax, ci consigliò di liberarci, prima di ogni discorso, dal vincolo con Armando Sciascia. E comunque cominciammo a lavorare in collaborazione con Lucariello. Lui era un produttore interno della CBS-Sugar, collegata alla CGD, con un trascorso alla United Artists. Noi, gruppo in crisi, ci affidammo a questo personaggio, lo vedevamo come il tramite per cavarci fuori da quella situazione di stallo. Ma l’aria che tirava era quella del “o la va o la spacca”. Gli facemmo ascoltare i provini di Tanta voglia di lei e Pensiero, e Lucariello le apprezzò moltissimo. Lì dimostrò di essere un grande manager, perché fiutò l’aria del grande successo, ed ebbe ragione.

Ma che fatica dare un testo a Tanta voglia di lei. Valerio ne aveva scritto uno che si intitolava Meno male. La casa discografica fece una controproposta, La mia croce è lei. L’aveva scritto Daniele Pace, un autore togato di quelli che bazzicavano nei corridoi della CGD, e che aveva una specie di esclusiva: i giovani artisti che passavano di lì dovevano “subire” i suoi testi. Fortunatamente (per il futuro del gruppo) dall’esperimento di Pace venne fuori un testo abbondantemente oltre i limiti del ridicolo. Non è dato sapere dove si volesse andare con un titolo così e con parole che recitavano: «Sono nato in mezzo a un prato, lì mio padre mi trovò, da principio non son stato fortunato, da principio proprio no! Mi dispiace oh mio signore, la mia croce è lei». Ne abbiamo riso per anni. Forse Pace voleva scimmiottare My Sweet Lord, che era uscita in quei giorni. Ma l’incredibile fu che in CGD si crearono due correnti: chi era a favore di La mia croce è lei, e chi a favore di Tanta voglia di lei. Lucariello si schierò dalla nostra parte.

Non c’era ancora nulla di deciso quando Roby e Riccardo andarono al fatidico incontro risolutivo con la Vedette. Entrarono nell’ufficio di Armando Sciascia e gli spiegarono il problema. Dopo tutto Sciascia era una brava persona. Un po’ paternalista, ma capiva la nostra determinazione e disse: «Io vi ho dato tre milioni per tre anni. È passato un anno e mezzo, ridatemi indietro un milione e mezzo e siete liberi». Roby e Riccardo si guardarono in faccia, annuirono e a Facchinetti fu dato l’onere di firmare un paio di metri di cambiali. Ce le ha ancora incorniciate, rappresentano la liberatoria per il successo. Sciascia stracciò il contratto e mentre stavano uscendo Roby gli chiese: «Maestro, un consiglio. Noi abbiamo due testi per un nuovo brano: Tanta voglia di lei e La mia croce é lei. Secondo Voi, Maestro, fra i due titoli qual’è il più stimolante?». Lui rimase in silenzio per qualche secondo, poi con voce autorevole disse: «Sicuramente è molto più forte La mia croce é lei». Lo ringraziammo per il consiglio e firmammo per la CBS. Comunque al di là degli scherzi va dato giusto merito a una casa discografica che, in mezzo a enormi difficoltà tecniche (la metà degli album registrati all’epoca avevano un audio da schifo), ci aveva dato lo spazio per emergere, come aveva fatto con tanti altri gruppi. Ma oramai eravamo su due pianeti diversi, e dovevamo procedere per diverse strade.

Estratto da: Pooh, Quello che non sai, a cura di Franco Dassisti. Milano, Mondadori, 1997, pp. 63-65