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C’è una strana espressione nei tuoi occhi

C’è una strana espressione nei tuoi occhi

(Jackie DeShannon-Shel Shapiro) – Rokes, 1965

Shel Shapiro dei Rokes: «Quando abbiamo fatto C'è una strana espressione nei tuoi occhi ho eliminato l'inciso che c'era nell'originale semplicemente perché non me lo ricordavo. When You Walk In The Room  l'avevamo sentita nella versione di Jackie DeShannon, che era una cantante che io amavo follemente, e non in quella dei Searchers, che tra l'altro mi sono sempre piaciuti molto, e Needles And Pins  secondo me è un pezzo straordinario. Avevo sentito il pezzo di Jackie, ma non avevo il disco; mi ricordavo il riff, mi ricordavo la linea melodica, ma l'inciso proprio non mi veniva in mente. Così la nostra versione suonava un po' diversa da quella di Ricky Gianco, dei Camaleonti e dei New Dada, e anche come divisione melodica sulla strofa avevamo cambiato molto. Quando invece l'ho registrata di nuovo per il disco di Backstage,  la commedia musicale che ho fatto due anni fa, ho finalmente inserito l'inciso. Non mi ricordo bene se la versione di Jackie DeShannon fosse più o meno veloce della nostra, che invece era sicuramente più lenta delle altre tre in circolazione. E questa era proprio una delle fondamentali differenze tra noi e gli altri gruppi beat italiani, nel senso che da una parte c'era chi aveva acquisito il rock, vale a dire quegli artisti italiani che avevano diciotto-vent'anni nel 1960, e dall'altra chi, come noi, ci era cresciuto dentro. Io mi ricordo che i primi dischi di un certo tipo di musica cominciarono ad entrare a casa mia quando avevo ancora sei-sette anni. Poi cominciai ad ascoltare cose sempre più lontane dalla hit-parade quotidiana, anche se poi la hit-parade inglese era naturalmente molto più avanti in confronto a quella italiana. Per cui, tornando a parlare delle varie versioni italiane di When You Walk In The Room , la differenza sta nel fatto  che chi è cresciuto con il rock non potrebbe mai fare un riff molto nervoso come quello che fecero i Camaleonti, proprio non gli viene. È un riff pensato molto sopra  la musica, on top of the music, ed è molto diverso dal pensarlo come laid back, tirato indietro, come se fosse pesante, perché la musica rock è pesante. Gli italiani lo suonavano sempre in modo molto leggero, non era mai tirato indietro. Invece tutti i grandi pezzi rock molte volte li senti quasi rallentare, e anche nell'heavy-metal succede la stessa cosa, perché il concetto del rock è quello, non arrivi sopra la musica, ma ci arrivi da dietro.  Infatti oggi anche gli italiani lo suonano così il rock, perché ormai è diventato un linguaggio musicale assimilato, mentre invece allora non lo era. Ed è lo stesso motivo per cui molte volte le cover che facevano i gruppi italiani erano molto, molto naif, addirittura spesso non erano neanche copiate bene. Forse molti gruppi stavano veramente imparando a fare una nuova musica».

 

Estratto da: Ceri, Luciano/De Pascale, Ernesto, Mondo Beat. Musica e costume nell’Italia degli anni Sessanta, Bologna, FuoriThema, 1993, pp. 130-131

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