Pubblicato il
29-06-2023

La locomotiva

"La prima strofa è stata l’ultima che ho scritto. La canzone cominciava con "Conosco l’epoca dei fatti, qual era il suo mestiere...” poi mi sono accorto che mancava qualcosa, un inizio, un preambolo."
La locomotiva

(Francesco Guccini) – Francesco Guccini (1972)

«Poi, per completare il tutto, mi servirebbe un pezzo sulla Locomotiva

«No, dài, ne ho già scritti seimila sullo stesso argomento e…»

«Fidati, è necessario, è il tuo pezzo più famoso e la gente…»

«Senti, sembra che abbia scritto solo quello. Ho fatto anche delle altre canzoni, non so se lo sai. La canto volentieri alla fine dei concerti, ma cosa devo dire che non ho già detto sull’argomento? Ormai la storia la sanno tutti!»

«Ma solo quattro righe, una paginetta, anche mezza.»

Sto meditando di picchiare Beppe Cottafavi, l’editor di questo libro, con qualunque elemento contundente mi si trovi davanti. Il telefono? Morbido. Il vasetto con penne e matite? Poi si spargono in giro e sai che fatica tirarle su. […]

«Ma quella storia di Roberto Leydi, per esempio.>>

«Il grande folclorista Leydi. Avevano appena aperto il DAMS, insegnava e lo andavo ad ascoltare perché mi interessavano le sue lezioni, allora facevo ricerche qui in Appennino sui canti popolari, poi ci siamo conosciuti. Ci fu a Bologna una Sagra dei cantastorie, nel ’71 o nel ’72, mi sembra, non ricordo bene. Durante una pausa, da piazza Maggiore lo portai all’Osteria delle Dame per fargliela vedere, avevo intenzione di invitare a cantare Bruno Pianta, un folclorista suo collaboratore, che poi in effetti venne, e lì gli cantai La locomotiva. Disse che era la più bella canzone popolare del dopoguerra. Canzone popolare, capisci, non d’autore o altro…»

«Be’, effettivamente ha un andamento popolare. Ma come è venuta fuori quell’atmosfera?»

«Allora, con gli amici, si cantava un po’ ditutto, le canzoni anarchiche di Pietro Gori, per esempio, poi ti ho detto che facevo ricerche sul canto popolare. Mi ero comprato un registratorino Philips, poi dopo mi sono perfezionato, un amico mi aveva procurato un registratore a nastro professionale e avevo comprato un gran microfono, con due testine, direzionale e d’ambiente, che ho ancora da qualche parte, il registratore no, non ricordo che fine abbia fatto, fa niente, comunque è quella l’atmosfera generale. C’era anche una canzone, Nel fosco fin del secolo morente, che ho sempre definito la nonna della Locomotiva, insomma, quando lessi quel libro di Bianconi, Trent’anni d’officina, la canzone se ne uscì quasi da sola. Avevo parlato anche con il mio vicino di casa d’allora, il signor Mignani, quello che

ho descritto nella canzone Il pensionato; Mignani mi raccontò la vera storia del ferroviere, che nel libro di Bianconi era appena accennata. Mignani era un vecchio socialista, credo che nel Ventennio si sia beccato anche una dose d’olio di ricino, conosceva bene la storia di Rigosi, il macchinista della canzone.»

«Non so che viso avesse… eccetera.»

«Be’, la prima strofa è stata l’ultima che ho scritto. La canzone cominciava con “Conosco l’epoca dei fatti, qual era il suo mestiere…” poi mi sono accorto che mancava qualcosa, un inizio, un preambolo. A proposito, vorrei si capisse che l’espressione ”gli eroi son tutti giovani e belli” dovrebbe essere intesa in senso ironico, antiretorico, anche se la canzone ha un andamento volutamente retorico, come nelle canzoni anarchiche o popolari.»

«Ma è stato Leydi il primo ad ascoltare la canzone?>>

«Ma no, prima gli amici di Bologna, dell’Osteria, quando avevo un brano nuovo lo facevo sempre ascoltare agli amici, sai, chitarre vino e cose così, poi, non poteva mancare, mio cugino Alberto Prandi, di Carpi. Era iscritto alla Federazione anarchica di Carpi, assieme a un suo amico, che non è più suo amico perché è diventato un leghista, pensa te. Ogni tanto con qualche amico bolognese si andava a Carpi, a far baracca. Si arrivava al pomeriggio e si faceva un po’ d’aperitivo, con salame e Lambrusco, poi alla sera si andava a mangiare in qualche trattoria di campagna. Fu in una di quelle occasioni che gli feci ascoltare la canzone, che naturalmente lo schienò. Sembrava scritta per lui.»

«E in pubblico?»

«Be’, allora come sai non facevo concerti, suonavo qualche volta alle Dame, credo che la prima esecuzione pubblica sia stata alla prima rassegna del Club Tenco, a Sanremo, nel ’73, ma potrei sbagliarmi. Mi toccò fare due serate, la prima e l’ultima per sostituire un collega che non si era presentato, tutte e due le serate finirono con La locomotiva. Lì ho visto i primi pugni alzarsi.»

Estratto da: Guccini, Francesco, Non so che viso avesse. Quasi un’autobiografia, Milano, Mondadori, 2010, pp. 110-113