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jesahel

JESAHEL

(Oscar Prudente-Ivano Fossati) – Delirium, 1972

Alle mie spalle c’erano invece i Delirium e ]esahel, un successo extraeuropeo che ha avuto sette versioni solo in Francia ed è uscita in Inghilterra, anche se nel 1972 per noi era un territorio completamente chiuso. Difficile che una canzone italiana finisse nelle classifiche inglesi e invece Jesahel nella versione di un gruppo che si chiamava Congregation, era salita in alto. Era uscita, fatto ancora più singolare per allora, anche negli Stati Uniti e c’era stata persino una versione vietnamita. Una meraviglia che in realtà non si riusciva a palpare, forse adesso ne sarei capace, saprei come comportarmi di fronte a una situazione cosi sorprendente. Capita che a vent’anni scatti una specie di incredulità, sembra impossibile che il disco con la tua faccia stampata sopra sia uscito in Germania, Francia, ma soprattutto nei Paesi extraeuropei. Tra le altre cose aveva anche vinto il premio della critica al Festival di Sanremo, mah! Da quelle parti, e in quell’occasione, mi sono esibito solo un’altra volta, quasi trent’anni dopo, nel 1999, come «superospite>», una parola che mi imbarazzava per quanto è brutta. Il vantaggio di vivere in Liguria mi ha permesso di tornare a casa la sera stessa, cosa non da poco. 

E dire che era nato tutto quasi per scherzo una sera a Genova. Ci siamo incontrati Oscar Prudente e io, lui è ancora un mio caro amico ed è sempre una persona di talento vivissimo. Insieme abbiamo scritto molte canzoni, come Pensiero stupendo, e vissuto anche esperienze divertenti. Nel 1976, ad esempio, suonavamo per intrattenere i crocieristi della Eugenio Costa sulla tratta Genova-Istanbul avanti e indietro, avanti e indietro. Quella sera di qualche anno prima ci eravamo trovati in un locale di Genova, di quelli dove si suonava, dove si facevano soprattutto jam session, avrò avuto diciott’anni, lui qualcuno più di me. Eravamo nella sala superiore, io me ne stavo seduto sopra il biliardo, e lui con la chitarra mi ha fatto sentire quegli accordi che sembravano una cantilena dicendo: «Pensa che bello, tu sei capace di scrivere i testi per le canzoni, perché non provi ?». All’epoca, a dire il vero, un paio di canzoni le avevo anche scritte, ma erano abbozzi che non ho nemmeno mai conservato, non mi sentivo davvero «un autore». Avevo smesso di studiare e suonavo nei gruppi. Pur avendo l’intenzione fortissima di fare della musica il mio lavoro, non avevo mai pensato di cantare e tanto meno di incidere dischi. Va detto che a quell’epoca in sala d’incisione non si arrivava facilmente. Avevo dato due esami all’Accademia Lanaro presso il Conservatorio di Genova: spesso leggo sui giornali che mi «fanno» diplomato, in realtà ho iniziato a suonare il pianoforte quando avevo otto anni, e oltre a quel paio di esami non c’é nulla, se non la teoria musicale sulla base della quale dal pianoforte sono passato agli altri strumenti. Poi c’è anche la ripresa dello studio del pianoforte dal 1993 a oggi. 

Quella sera Oscar mi aveva coinvolto in questo gioco del «dai proviamo». Fatto sta che in poco tempo le parole sono venute fuori, ho scritto un testo che non si basava su nessuna tecnica perché non ce l’avevo allora la tecnica, non avevo nessuna esperienza. Lì, nel momento in cui affioravano le parole, accadeva tutto quasi per gioco, anche perché sapevamo, credevamo anzi, che non ci sarebbe mai stato un utilizzo. Era un po’ come se fossimo stati due che facevano un altro mestiere, che una sera si divertono a scrivere una canzone per farne nulla se non un gioco. Ecco, era così. Noi non pensavamo in nessun modo che quel lavoro potesse avere un senso e fu un caso che, due anni dopo, approdato ai Delirium, mi ricordassi di avere in fondo al classico cassetto quella canzone. Fummo spinti a pubblicarla perché piacque molto all’interno della casa discografica, e da buoni mestieranti non si sbagliavano. Anche il seguito fu tutto abbastanza casuale. Jesahel ha venduto più di un milione di copie in Italia nella nostra versione, oltre a tutte quelle che ne fecero un successo editoriale enorme.

Estratto da: Fossati, Ivano, Carte da decifrare, Torino, Einaudi, 2001, pp. 24-27

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