Pubblicato il
29-06-2023

Io ho in mente te

Io ho in mente te

(Sylvia Fricker-Mogol) – Equipe 84 ,1966

Il problema più grande per un musicista è il bisogno continuo di ascoltare musica e ancora musica. Quella è la sua droga, cibo per il suo cervello. Probabilmente non sa risolvere divisioni, somme o sottrazioni, ma è nato per decifrare un complicato intreccio matematico di armonie e melodie che gli provocano sensazioni meravigliose che nemmeno riesce a descrivere a chi musicista non è. Nutrirsi di musica negli anni Sessanta era facilissimo, era ovunque. Sgorgava dai jukebox, dalle radio veramente libere come Radio Luxemburg, Radio Carolina, Radio Veronica, con i primi deejay che trasmettevano le canzoni che più amavano, e non perché obbligati da sponsor. I sedici anni dei ragazzi di allora venivano festeggiati con un fiammante giradischi portatile, la “fonovaligia” Lesa.

I 45 giri, a un prezzo più che accessibile, cominciavano a riempire i primi negozi di dischi. Nascevano i primi gruppi e io con loro. Registravo di notte i successi che arrivavano in onde medie direttamente dall’Inghilterra e dall’America. Ascoltavo artisti sconosciuti che poi sarebbero diventati famosi. Chi aveva composto quella musica? Chi lo sa! Poco importava. Sceglievo quella che mi colpiva di più, la imparavo con la chitarra, scrivevo un testo in italiano, la arrangiavo fino a farla mia, la eseguivo con il resto del gruppo in pubblico. Era difficile sbagliare, era sempre un successo.

Qui in Italia nessun compositore sarebbe stato ancora in grado di scrivere cose come quelle. Ci provai io. I testi e le prime canzoni che tentai di comporre me le firmò il “discografico” convincendomi che sarebbe stato impossibile per me passare l’esame della SIAE e che “eventualmente” mi avrebbe girato gli introiti. Eventualmente? Soldi? Mai visto un centesimo. E così, un po’ per trauma e un po’ perché, da buon talent-scout, sapevo localizzare nella mischia le canzoni che avrebbero potuto avere successo in ltalia, continuai a cercare i “miei” compositori nelle radio che trasmettevano da così lontano.

Mi consolo al pensiero di Elvis Presley che cantò centinaia di cover, oltre alla maggior parte degli artisti tra i quali anche gli stessi Beatles (Anna, A Taste Of Honey, ecc). Barry McGuire addirittura, a cui tutti attribuiscono l’originale di Io ho in mente te (You Were On My Mind) mi confermò, quando lo conobbi che, anche nel suo caso, quella canzone era una cover. Fu infatti incisa dall’autrice Sylvia Fricker insieme al marito col nome di Ian & Sylvia nel 1964. Ancora qualcuno si chiede perché le cover? Perché negli anni Sessanta, in quel passaggio generazionale di musica e costume, tra il bel canto di Claudio Villa e il Beat, a scrivere pezzi buoni per noi non c’era anima viva. E tutto questo durò per molto tempo, fino a quando un giorno incontrai un ragazzo che aveva scritto talmente tante canzoni che non feci in tempo ad ascoltarle tutte e che, se ben ricordo, si chiamava Lucio Battisti…

 

Vandelli, Maurizio, Noi, incollati alla radio, in: «La Repubblica», 10 febbraio 2013, p. 33