Pubblicato il
29-06-2023

Demetrio Stratos e i Ribelli

Demetrio Stratos e i Ribelli

Dopo l’estate del 1966 il gruppo attraversa un periodo di crisi. Decidiamo di cercare una nuova voce. Abbiamo il nominativo di un ragazzo di Vicenza, Bruno Canzian, ma arriviamo tardi.

Al Santa Tecla, uno dei locali più importanti di Milano, mi aveva portato per la prima volta Celentano; quella notte suonava Chet Baker, lì nel ‘59 avevamo fatto le prove prima delle spettacolo al Parco Ravizza.

Da qualche tempo era diventato il miglior locale per i gruppi beat. Una sera, con Pocaluce e Natale, andiamo in esplorazione. Mentre scendevamo le scale del Tecla, sentivamo suonare l’introduzione di Give Me Some Loving. In penombra, dietro l’organo Vox, un ragazzo stava cantando straordinariamente bene. Una voce così non l’avevo mai sentita. Al termine del primo set i musicisti erano andati al bar.

«Chi è il cantante?»

«È lui!» dice il barman.

Aveva una giacca blu scuro da college inglese, stava di fronte a me.

«I’m sorry, sei inglese?»

«Oh no, sono italiano… diciamo così!»

«Ma eri tu che cantavi?»

«Sì»

«Sei bravissimo!»

«Grazie. Grazie. .. Tu come ti chiami?»

«Sono Gianni, lui è Natale, lui è Giorgio detto Pocaluce, siamo i Ribelli.»

«Siete i Ribelli! Vi conosco. . .»

«Senti, sei bravissimo, parlo anche a nome degli altri, vuoi entrare nel nostro gruppo? Cerchiamo un cantante che suoni anche l’organo, come te.»

«Che bello! A me farebbe piacere. Sentite, bevo qualcosa e ricomincio a suonare. Restate a sentirmi meglio, dopo ne parliamo, ok?»

Aveva l’accento lombardo, con qualcosa di emiliano. Si era piazzato dietro l’organo col suo trio riprendendo a cantare. Dopo alcuni pezzi eravamo euforici, gli occhi non si spostavano da lui, aveva una potenza impressionante.

Alla fine della seconda mezz’ora ci raggiunge al bar.

«Ragazzi, se siete sempre dell’idea, io vengo!»

Eravamo talmente felici da progettare quella notte stessa il nuovo repertorio, scoprendo di avere gli stessi gusti musicali, anche lui amava la Tamla Motown e con la sua voce potevamo fare ogni cosa.

«Mi chiamo Demetrio.»

«Ma… sei italiano?»

«No, no, parlo benissimo italiano, ho la fidanzata di Salsomaggiore, vivo qui in Italia, studio architettura ma sono greco, nato ad Alessandria d’Egitto. La mia vita è un po’ un casino, ho studiato anche in Inghilterra.»

Al Santa Tecla era stato come svegliarsi da un sogno e scoprire che era tutto vero.

«Allora d’accordo Demetrio, da ora in poi sei dei Ribelli!»

Proviamo da Ezio Sancrotti in una ex palestra di viale Brenta, c’è un gran feeling tra noi. Da subito si è creata un’intesa musicale, suoniamo con entusiasmo, stiamo bene insieme. Demetrio ha dei modi gentili e un carattere gioioso; canta  quasi sempre senza microfono, riuscendo a farsi sentire da tutti noi in sala prove. In un pezzo dei Four Tops è talmente bravo da farmi suonare ad occhi chiusi in una breve fuga tra i neri della Tamla!

Ci presenta Daniela, la sua ragazza, insieme frequentano la facoltà di Architettura a Milano.

Con l’arrivo di Demetrio e il suo organo, scopriamo nuove sonorità e stimoli creativi, i Ribelli trovano la loro identità nella voce di Demetrio.

Il giorno che aveva comperato l’Hammond C3 nel negozio della Ricordi ero con lui, in quella gioia sfrenata, pagata con dieci cambiali da cinquantamila lire al mese firmate da lui.

La prima volta con l’Hammond era stata in un locale al piano rialzato. Pesava una cifra, c’eravamo tutti a spingerlo lungo quella scala stretta, attenti a non graffiarlo e allo stesso tempo a salvare le dita!

Presentiamo Demetrio con tutto l’entusiasmo possibile ad Adriano, ora è ufficialmente nel Clan.

 

 

Estratto da: Dall’Aglio, Gianni – Batti un colpo. Due metri quadrati di paradiso – San Pietro in Cariano, Gabrielli, 2014, pp. 116-118