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Canzoni contro la paura

Al tempo della clausura forzata, con migliaia di connazionali che hanno perso la vita e un Paese costretto a ripensarsi in tutti i settori, la canzone è giunta in aiuto a molti regalando “due minuti di felicità” – come scriveva Jean Baudrillard a proposito del juke-box - o più probabilmente un’occasione per uscire dall’isolamento, comunicare la propria voglia di vivere ai dirimpettai appesi alle finestre, allungati sui balconi o piazzati davanti a una videocamera.

Questa raccolta mette in fila le canzoni più gettonate nella fase iniziale della pandemia, sgorgate spontaneamente perché sempre presenti nella memoria collettiva e pronte a essere riverniciate per un uso che nessuno avrebbe mai auspicato. Tra flash mob di quartiere e altri che hanno coinvolto l’intera radiofonia, scorrono le immagini di un popolo che deve molto alla musica, fin dall’innodia risorgimentale da cui sarebbe nato il futuro inno nazionale.

Dall’immagine del volo nel (cielo) blu/sempre più blu/azzurro, fondativo della tradizione moderna, al sole di Mogol-Battisti; dal canto partigiano che perfino i cugini della Baviera hanno voluto cantare, al candore di un Morandi d’annata, omaggiato da una Baez rigorosamente “a casa”; dai messaggi di speranza contenuti  – forzandone il testo, ma tutto è lecito adesso – nelle canzoni di Mina, Vanoni e Al Bano & Romina, al patriottismo che accomuna, pur da punti di vista opposti, Cutugno e De Gregori.

E’ la stessa Italia dei barbecue di Ferragosto, delle sbronze sulla spiaggia, delle gite fuori porta e delle feste scolastiche che, sola davanti al baratro, tira fuori quell’orgoglio “di gregge” – parola tornata tristemente di moda – in cui anche la canzone fa la sua parte. 

Perché, come scriveva Kierkegaard, la musica ci viene in soccorso quando cessa il linguaggio.

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