Pubblicato il
29-06-2023

Canzone per te

Canzone per te

(Sergio Bardotti-Sergio Endrigo) – Sergio Endrigo, Roberto Carlos, 1968

Endrigo, cantante intimista, aveva in testa due accoppiamenti ideali per Canzone per te, tutt’e due con una grande voce. Uno era Alain Barriere, l’altro era Riccardo Del Turco, suo cognato. Invece ci proposero in un primo tempo Astrud Gilberto, grandissima star mondiale. Ne fummo onorati. Sentito il provino, però, commentammo all’unisono: «Neanche morti». Sembrava una barbie imbesuita, cantava assolutamente inespressiva e oltre tutto lievemente stonata. Fu una delusione tremenda. A quel punto, i segreti giochi discografici (d’accordo Fonit-Cetra e Messaggerie Musicali, che rappresentavano la CBS in Italia) ci imposero Roberto Carlos. Non era un cattivo cantante, tutt’altro. Però dava la sensazione di essere troppo simile a Endrigo, di «fare scopa» con la nostra versione, insomma. Io e Sergio subimmo la cosa molto mal volentieri.

Episodio rivelatore del sottile inganno: Roberto aveva imparato la canzone con la prima versione del testo, quindi l’accordo era stato preso molto tempo prima, a nostra insaputa. Noi nel frattempo l’avevamo rifatto, ma nessuno aveva avvisato in Brasile che il testo era cambiato, così Roberto aveva registrato il disco con la prima versione. Alle prove in effetti cantava parole per metà diverse dalla versione ufficiale. Non so se qualcuno ha ancora negli occhi l’immagine del cantante brasiliano con la testa reclinata e quella fascinosa aria malinconica. Si era scritta la parte di testo che non sapeva sulle mani e quindi la leggeva, a testa in giù. E tutti a dire «Che tenerezza, com’è triste». Era semplice lettura. Nacque cosi il mito del malinconico Roberto Carlos.

È stato grazie a quest’incidente, all’accoppiamento forzato di un Sanremo vinto a sorpresa, che io ho conosciuto una terra di cui mi sono innamorato perdutamente e dove ho fatto incontri decisivi per la mia vicenda umana e professionale. La mia prima volta in Brasile fu come pianista di Endrigo

per una tournée con Roberto due mesi dopo il Festival. Ci rendemmo conto cosa volesse dire laggiù che Roberto fosse «O rey», il re. Quella del Festival era stata, credo, la prima affermazione internazionale del Brasile (che non aveva ancora vinto la terza Coppa del Mondo, né aveva mandato ancora in pista i piloti di Formula Uno).

Una festa continua, una gratitudine, un entusiasmo indimenticabili, dovunque. Conobbi Pelè (che mi regalo una maglia numero 10 della Nazionale con autografo), conobbi Jorge Ben e Chico Buarque de Hollanda, che era già un mio mito. A Porto Alegre, quando arrivammo, le accoglienze all’aeroporto furono degne dei capi di stato. Due ali ininterrotte di folla con le bandierine brasiliane e italiane accompagnarono le limousine scoperte sulle quali raggiungemmo la città e l’albergo. Vidi, per la prima e unica volta, una mia foto in prima pagina su un quotidiano.

La sera, l’episodio più emozionante, durante il quale pensai: «Ho trovato la mia gente, ho trovato la mia terra». Nel palazzetto dello sport c’erano ventimila persone pigiate. Dovevo cominciare lo spettacolo io da solo al piano, con Canzone per te. La riconobbero dopo le prime note, si alzarono tutti in piedi e cominciarono a cantarla, in italiano. Sergio e Roberto, entrati in scena insieme, girarono verso il pubblico i microfoni. Non aprirono bocca, la gente continuò fino alla fine. Oggi è pane di tutti i giorni, ai concerti del nostri grandi. Allora mi sembrò un miracolo, il primo miracolo che aveva compiuto per me San Brasile.

Estratto da: Bardotti, Sergio, In via dei matti numero zero, Roma, Edizioni Associate, 1997, pp. 55-57