Pubblicato il
29-06-2023

4/3/1943

"E' immediatamente chiaro che è successo qualcosa di nuovo, l’ometto basso con gli occhiali e il basco non era più una macchietta, ma il simbolo di una rivoluzione scoppiata proprio nel tempio della tradizione"
4/3/1943

(Lucio Dalla-Paola Pallottino) – Lucio Dalla, 1971

Un giorno, all’inizio del 1970, Lucio mi mostrò due testi spediti in una busta da una signora di Bologna. Buste come quelle arrivano spesso negli uffici delle case discografiche, o ai cantanti in persona. Praticamente, prendono sempre la via del cestino. Ma quella no. E cambiò il futuro di Lucio Dalla, trasformandolo da interprete elitario a fenomeno di successo popolare. Uno dei due testi si intitolava Gesù Bambino, l’altro Il gigante e la bambina. L’autrice si chiamava Paola Pallottino, di Bologna, figlia, lo abbiamo scoperto dopo, di un importante etruscologo. Lei era, ed è rimasta, una grande illustratrice di libri per ragazzi. Morale, Lucio si mette al lavoro e nel giro di due ore mette le musiche ai due pezzi. I testi rimangono intatti. O meglio sarebbero rimasti intatti se non ci fosse stato un fatidico Sanremo.

Ma andiamo per ordine. Lucio ci inventa sopra due musiche perfette, stupende. Avevamo solo il problema di come realizzare Gesù Bambino. Ne registrammo sette o otto provini con arrangiamenti diversi. Il grande e compianto Ruggero Cini la realizzò a marcetta, a fado, a “country”. Un giorno Lucio si inventa di far suonare il riff iniziale al violinista del gruppo di mio fratello, Renzo Fontanella, che era lì chissà perché. Il tutto prende lo stile di una ballata folk: decidiamo che va bene. La RCA ascolta il lavoro e decide di presentare Lucio a Sanremo. Era un’epoca in cui il Festival era un po’ lottizzato dalle case discografiche: siccome Dalla non era un pezzo da novanta, la commissione l’avrebbe volentieri ignorato. Ma ne faceva parte, grazie al cielo, il nostro carissimo amico Piero Vivarelli. Che si rifiutò molto semplicemente di far fuori la canzone. Disse «Io non firmo il verbale, e faccio uno scandalo. Non deve essere eliminata, è una delle canzoni più belle!» Fu irremovibile. Così Gesù Bambino fu ammessa, ma il calvario non era finito.

Cominciò la censura della tv, che chiese sostanziali modifiche al testo. Prima di tutto il titolo: non poteva intitolarsi Gesù Bambino, perché era vilipendio della religione, quindi si chiamò con la data di nascita di Lucio, 4/3/43. Poi svariati cambiamenti che ne svilivano il contenuto: «giocava alla Madonna…» divenne «giocava a far la donna», «per i ladri e le puttane sono Gesù Bambino» diventò «per la gente del porto…» oppure «mentre bestemmio e bevo vino» divenne «…che gioco a carte e bevo vino». «Senti Lucio» avevo detto a un certo punto «lascia perdere, ci hanno rotto i coglioni, al Festival non ci andiamo e basta!» Lui mi disse «No, ci vado lo stesso perché ci credo in questo pezzo, ci vado in tutti i casi…». Risultato: 4/3/43 si piazza al terzo posto, ma è la vincitrice morale del festival. E succede il finimondo: è immediatamente chiaro che è successo qualcosa di nuovo, l’ometto basso con gli occhiali e il basco non era più una macchietta, ma il simbolo di una rivoluzione scoppiata proprio nel tempio della tradizione. Lucio travolge tutti, perfino quelli dell’Equipe 84, che cantano in coppia con lui e sulla carta sono le vere star. Un grande successo, finalmente. E a quel punto Dalla diventa il punto di riferimento della nuova musica italiana. Anche l’altro pezzo della Pallottino, Il gigante e la bambina, porta fortuna a Ron, che si afferma definitivamente al Disco per l’Estate di quell’anno.

 

Estratto da: Bardotti, Sergio, In via dei matti numero zero, Roma, Edizioni Associate, 1997, pp. 35-37